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humanitas. transire e rimanere (2)
Questa deriva personale per sottolineare che Bologna, che si era dimostrata accogliente nei miei confronti, esprimeva proprio una tale condizione. Intendo dire che l’accoglienza era una condizione strutturale, ben radicata nei geni cittadini.
La riflessione di Vanna relativa al modificarsi l’assetto su cui operano le associazioni impegnate a contrastare il disaggio sociale, oltre ad aver provocato l’emergere del ricordo personale, fa si che mi ponga una domanda. Mi chiedo se la condizione dell’accoglienza appartenga ancora a Bologna e se i suoi cittadini si riconoscono, ancora oggi, in una tale condizione …
Non vorrei questa domanda sembrasse dettata dalla prospettiva del ricordo o, peggio, da un rigurgito nostalgico che, come noto, la combinazione ricordo-nostalgia fa apparire il vissuto in modo più bello … Come diceva Jorge Manrique nell’elegia “Coplas por la muerte de su padre”, già nel 1476: “… cómo, a nuestro parecer, / qualquiera tiempo pasado, / fue mejor.”
Tale quesito emerge dal bisogno di sapere e per essere in grado di confutare o essere costretto ad avvallare come certa quell’ipotesi che, fosse certo l’accoglienza non essere più la condizione di Bologna ed estendendo questa conferma all’interno di quella struttura a spazi contenuti l’uno nell’altro, mi porta ad affermare che L’ITALIA NON (aggiungo io) È IL PAESE PIÙ BELLO AL MONDO, proprio per il mutarsi dell’asseto strutturale del paese stesso e dei valori che finora aveva espresso. Valori che, per chi come me che sono nato sotto ad una dittatura fascista, sono stati come una calamita che mi ha catturato in modo quasi irreversibile. L’irreversibilità è arrivata successivamente … Ma questa è un’altra storia!
Di cui l’esigenza di istaurare, di costituire una sorta di cantiere … o nemmeno. Soltanto un tentativo di mettere in moto qualcosa … di articolare un’azione, di accennare al fare, al dire, all’agire consapevole (la presenza, la testimonianza) …
Così, anche per Bologna … Non è più “rossa” (forse, aggiungo io). Almeno, se non più a livello politico, questo appellativo può ancora essere usato a livello urbanistico?
Con “urbanistico” tento un allaccio alle riflessioni proposte da Simona ne “Osservazioni quotidiane. Mutamenti nel paesaggio e variabili di percorso”, sollecitando nella sua riflessione, con la mia - scaturita da quella di Vanna -, il punto di vista sociale.
A tutti gli altri il sollecito è a produrre il secondo passo. Quello successivo alla riflessione iniziale sull’assunzione di carico … Di cosa o di chi ci si assume il carico?
Questo passo è imprescindibile per dare inizio al cantiere … In primis, all’interno dei vostri spazi di carico riportati in studio!
Anton per transire e rimanere. Hūmānĭtās, Natale 2014
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